Esterno Giorno
Assolato pomeriggio in una anonima periferia americana, fine anni 50.
Interno giorno
Interno giorno
Queste probabilmente sono le frasi che aprono la sceneggiatura di questo film, metto queste frasi perché la parte che più di tutte mi ha colpito è questa, per via di una inaspettata autocitazione di Tim Burton (a voi capire su che film).
Come nel caso di "Imitation Game" questo film romanza, probabilmente troppo, una storia realmente avvenuta, ovvero la storia di Margaret Keane e di suo marito Walter Keane interpretati da Amy Adams e Christoph Waltz.
Il punto però in questo caso oltre all'eccessiva smielatura della storia è proprio la regia, Burton negli ultimi film ho fatto fatica a riconoscerlo.
Quindi la domanda più o meno è la stessa che mi ero fatto per il film citato prima: Rende giustizia alla storia realmente accaduta?
In parte si, perché comunque ha il merito di portare alla ribalta un caso mediatico, ma la messa in scena è molto sotto tono con un Waltz che si riduce ad una misera macchietta comica (specialmente nel finale), togliendo di fatto l'attenzione sulla storia.
Tim Burton in questo film sembra di fatto lasciare definitivamente quell'ingenuità incantata che lo ha contraddistinto nell'inizio della sua carriera e che ha disperatamente tentato di trattenere negli ultimi due prodotti ("Alice In Wonderland" e "Dark Shadows") senza però riuscirci.
Qui viene a galla la sua amarezza per un ambiente artistico chiuso che consente di produrre solamente ciò a cui la gente è abituata.
Ma lasciando questa parentesi sembra che il regista non sappia più cosa realmente cosa voglia fare, galleggiando tra un ingenuità a cui non crede più ed un amarezza che diventa sempre più presente nei suoi film e nelle sue tematiche.
Quindi la domanda più o meno è la stessa che mi ero fatto per il film citato prima: Rende giustizia alla storia realmente accaduta?
In parte si, perché comunque ha il merito di portare alla ribalta un caso mediatico, ma la messa in scena è molto sotto tono con un Waltz che si riduce ad una misera macchietta comica (specialmente nel finale), togliendo di fatto l'attenzione sulla storia.
Tim Burton in questo film sembra di fatto lasciare definitivamente quell'ingenuità incantata che lo ha contraddistinto nell'inizio della sua carriera e che ha disperatamente tentato di trattenere negli ultimi due prodotti ("Alice In Wonderland" e "Dark Shadows") senza però riuscirci.
Qui viene a galla la sua amarezza per un ambiente artistico chiuso che consente di produrre solamente ciò a cui la gente è abituata.
Ma lasciando questa parentesi sembra che il regista non sappia più cosa realmente cosa voglia fare, galleggiando tra un ingenuità a cui non crede più ed un amarezza che diventa sempre più presente nei suoi film e nelle sue tematiche.
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